La Fontana Vecchia
Tutti i lionesi di una certa età hanno sentito parlare delle grotte della Fontana Vecchia. Diceva infatti la leggenda metropolitana che dalla fontana partivano una serie di cunicoli che arrivano fin sotto “la Chiazza” (cioè la piazza del Municipio).
A Lioni il primo acquedotto entrò in funzione nel 1925. Fino ad allora l’acqua bisognava andarla a prendere alla fontana (che diventò “vecchia” solo dopo quella data). La storica fontana era posta all’incrocio fra via Roma e via Irpina (di fronte alla forgia), a una quota più bassa rispetto alla strada attuale. Roccopietro Colantuono riferisce (Storia di Lioni, 1973, p. 50) che «vi erano quattro cannelli di ferro per l’acqua da bere e un tubo grande con l’acqua per gli animali o per lavare la biancheria». Fu demolita alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso per consentire la copertura del vallone, che allora era una fogna a cielo aperto. Da quell’epoca e fino al terremoto la sorgente d’acqua venne utilizata per alimentare un lavatoio pubblico. Poi è stato abolito anche quello.
Le grotte esistono davvero, ma non sono né così misteriose nè così estese come si racconta. Si tratta di gallerie artificiali scavate per intercettare le vene d’acqua che attraversano il banco di lapillo su cui sorge il centro storico di Lioni, e convogliarle in una vasca di raccolta. Hanno una struttura ad albero, nel senso che da un tronco centrale si diramano una serie di bracci secondari. Il condotto principale misura 18 metri, gli altri meno. Tutti i bracci sommati insieme raggiungono uno sviluppo intorno ai 40 metri. Le gallerie hanno una sezione regolare e costante di 90 centimetri di larghezza per 160 di altezza: sono le misure minime necessarie per permettere a un uomo di lavorare di martello e scalpello. Un particolare curioso: su entrambi i lati di ogni galleria, a 120 centimetri da terra e ad intervalli di due metri, ci sono delle piccole nicchie (delle dimensioni di una tazza da tè) : servivano per alloggiarvi le lucerne che facevano lume agli operai. Nessuna grotta non ha subito danni per effetto del terremoto.
Sotto l’attuale via Irpina, dietro gli archi che si vedono nel muro di sostegno, ci sono tre ”camere”, scavate anch’esse nel lapillo e con il soffitto a volta, il fondo delle quali funziona da vasca.
La vasca di sinistra non è più utilizzata ed è stata colmata: probabilmente era la più antica ed è stata dismessa quando sono sono entrate in funzione le nuove.
La “camera” centrale (4 metri per 3, e 4 di altezza; il fondo scende fino a un metro e mezzo circa sotto il livello della strada antistante) serve per la raccolta delle acque che arrivano dalle grotte. Al tempo della spedizione l’acqua era alta una sessantina di centimetri. La terza “camera” (5 metri per 4 , e 3 di altezza) era una vasca di decantazione: riceveva l’acqua dalla vasca precedente e la inviava, depurata dagli eventuali residui di sabbia, alla fontana.
In che epoca fu realizzato questo sistema di captazione? Con certezza non lo sappiamo. Possiamo però ragionare su ciò che scrive Roccopietro Colantuono nella sua Storia di Lioni. Racconta Roccopietro (pp.50 e 54-55) che quando, poco dopo la metà del secolo scorso, la fontana fu demolita vennero alla luce due lapidi con delle iscrizioni. Una parlava di un restauro del muro effettuato nel 1766 . E’ verosimile dunque che a quel tempo le grotte già esistessero.
Dell’altra epigrafe Roccopietro riuscì a leggere solo la data: 15 settembre 1706. Questa data contiene un indizio: settembre è estate, e i lavori sulle sorgenti si fanno appunto d’estate, quando la portata è più bassa. E’ assai probabile che quella iscrizione si riferisse appunto alla costruzione delle grotte.
Di Angelo Colantuono.